21 novembre 2011

L’eredità di Zapatero: Il sogno di un’Europa laica e libera.

di Gianfranco Scavuzzo

José Luis Rodríguez Zapatero, non è stato soltanto il socialista capo del governo spagnolo ininterrottamente dal 2004 fino a ieri. Non è stato soltanto il grande riformatore della Spagna, il paladino della laicità dello Stato contro ogni dogmatismo ed ogni ingerenza clericale nell’attività legislativa dello Stato. Non è stato soltanto il fautore di una crescita economica, sociale, civile della Spagna senza precedenti. Zapatero è stato molto di più, per la Spagna e non solo, anche se oggi in molti fingono di non sapere, di non ricordare.

Zapatero è stato prima di tutto un grande statista europeo, un riformatore autentico, sconfitto da una crisi economica che sta travolgendo uno dietro l’altro (con i dovuti distinguo) i governi europei.


Non ha avuto alternative, il governo spagnolo, quando ha dovuto adottare un piano d’austerità per abbattere il debito pubblico (di molto inferiore a quello italiano): una scelta dolorosa ed impopolare, ma necessaria, a cui è seguito l’annuncio delle sue dimissioni e le elezioni anticipate del 20 Novembre, così da garantire al suo Paese la priorità di una «certezza politica ed economica» ed un governo nuovo e una maggioranza più solida per affrontare la crisi.
Le elezioni si sono celebrate ieri, con una vittoria netta dei popolari sui socialisti ed un nuovo premier, che però gli spagnoli già conoscono bene: il leader del partito popolare, già due volte sconfitto da Zapatero nel 2004 e nel 2008, Mariano Rajoy, ha conseguito finalmente la vittoria personale tanto agognata. Il trucco vincente è stato impostare tutta la sua campagna elettorale all’insegna di un sorriso rassicurante e ad una parola magica che lo ha condotto dritto al trionfo della maggioranza assoluta nel Parlamento: «Depende» è stata la formula per aggirare gli ostacoli delle questioni più spinose che da oggi Rajoy sarà comunque costretto ad affrontare.
Mentre ancora sventolano le bandiere bianche della Reconquista popolare ed a Rede Cope (una specie di Radio Maria iberica) i giovani redattori tirano un sospiro di sollievo per la fine della «persecuzione» (cfr. laicità dello Stato), vari analisti sparsi in tutto il mondo cominciano ad evidenziare che in breve tempo, l’ampia popolarità del nuovo premier potrebbe bruscamente assottigliarsi e questa “Luna di miele” volgere repentinamente al tramonto: all’orizzonte non si prevedono infatti che ulteriori e ben più incisive e pesanti manovre “lacrime e sangue”, necessarie per fronteggiare la crisi economica e l’attacco anche della borsa iberica, con uno spread Bonos/Bund che in queste settimane sta galoppando verso la famigerata quota 500 insieme al “punto di non ritorno” del 7% d’interesse sui titoli spagnoli.
Presentata dalla stampa di destra spagnola ed europea, come una trionfante, storica vittoria elettorale, ma soprattutto “ideologica” del popolarismo cattolico conservatore sul socialismo laicista e secolare, questa potrebbe rivelarsi piuttosto soltanto un’amara “vittoria di Pirro” ed è facile prevedere come già dalle prossime settimane gli spagnoli stessi potranno rendersene conto “de visu”: tra un taglio ai servizi sociali e nuovi balzelli, forse si vedranno cancellare con un “cattolicissimo” tratto di penna, anche le illuminate riforme civili e sociali che i socialisti avevano con fatica consegnato alla Spagna in questi otto anni. Così si potrebbe segnare la fine del grande sogno del “socialismo ciudadano” (socialismo dei cittadini) che ha introdotto nel paese iberico importanti riforme in tema di diritti civili (matrimonio gay, adozioni gay, fecondazione assistita, libertà di ricerca scientifica, ma anche misure a tutela delle famiglie come l’assegno-bebè, un contributo per gli affitti, sgravi fiscali…) e che ha elevato la Spagna al rango delle più evolute democrazie dell’Europa del nord.
Per la Spagna dunque, il tramonto dell’èra Zapatero segna l’epilogo di una bella storia di grandi riforme, o forse – a ben vedere – qualcosa di più: la fine (almeno temporanea) di un sogno di portata europea, la possibilità di costruire – anche in un Paese conservatore ed ostile al cambiamento, come la Spagna lasciata in eredità nel 2004 dal baffuto Aznar – un modello di società e di sviluppo vincente, oltre ogni freno del conservatorismo e del massimalismo.

È questo infatti il grande lascito di Zapatero alla Spagna, ma anche a Paesi come il nostro: la fondata possibilità che questo sogno si possa comunque concretizzare, magari, per quanto ci riguarda, con la riproposizione dell’antico slogan rosselliano: «Oggi in Spagna, domani in Italia».
È il sogno per cui ci siamo sempre battuti di costruire un’Europa libera e laica, di governi riformatori, di un autentico umanesimo al governo in cui è lo Stato in funzione del cittadino e non viceversa.
Un sogno antico e prezioso, che in quest’inverno europeo che è alle porte, spetterà a noi, eretici del socialismo laico liberale e libertario, cogliere e mantenere al riparo in attesa che rifiorisca, al più presto, la primavera europea.

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