21 novembre 2011

l'efecto ZP finisce in Galizia


Alla vigilia delle elezioni di ieri, i sondaggi davano una vittoria schiacciante per il PP. I dubbi (pochi) erano sulla grandezza della vittoria o sulla portata del disastro, dal punto di vista del PSOE.  
Alla fine i dati reali hanno superato le prospettive più fosche.
E' vero che la tendenza in Europa, afflitta dalla peggiore crisi dal 1929, è che i partiti al governo perderanno le elezioni. Ma le dimensioni della sconfitta del candidato socialista alla guida del governo Alfredo Perez Rubalcaba riflette una disaffezione, una reazione allegica molto pronunciata di molti elettori (4.000.000) verso il PSOE, che hanno scelto di punire il partito senza tenere conto che il principale beneficiario di tale azione sarebbe stato il tanto odiato PP.
Perso lo slancio in termini di progresso sociale e della qualità democratica del primo governo Zapatero, le prime crepe si sono viste con la "svolta liberale" in campo economico che ha dato Zapatero dal maggio 2010. Mossa mal digerita da un popolo tradizionalemente di sinistra come quello spagnolo, dove con tutti i difetti il bipolarismo è sempre stato culturalmente forte.
Una sconfitta prevista per i socialisti, ma non per questo meno scottante. Il candidato Alfredo Perez Rubalcaba esce umiliato dal voto con il 28,66 per cento e appena 110 seggi, in una notte trasformato dal migliori ministro del interior ,  al peggior dei socialisti spagnoli che mai, MAI erano andati così in basso dalla fine del franchismo. 
Rubalcaba archivia così il settenato straordinario di Jose' Luis Zapatero, perché è un dato oggettivo che i periodi di splendore e di appeal della Spagna corrispondano sempre a legislature socialiste. Archivia lo zapaterismo perdendo, rispetto al 2008, quasi 5 milioni di voti e consegnando ai popolari un potere quasi assoluto, controllando dalle scorse amministrative già quasi tutte le regioni e le città più importanti di Spagna.
Il leader del PP e nuovo presidente del gobierno Mariano Rajoy trainato dal netto vantaggio nei sondaggi fin dall'inizio, ha fatto una campagna elettorale prudente, evitando di prendere impegni troppo netti, senza esporsi in risposte decise, rifugiandosi , come titolava El Pais "nel rifugio del dipende"  in previsione delle scelte lacrime e sangue che dovrà fare e con urgenza per riportare la Spagna fuori dalla crisi.
Insomma messa da parte la campagna elettorale per altro molto debole, molto deludente, troppo già scritta, a cominciare dal  fatto che né PP nè il PSOE hanno usato delle primarie,per scegliere il candidato che avrebbero presentato come presidente. Più che una campagna elettorale è sembrata una formalità , un pretesto per mettere un punto tra l'era Zapatero e quello che verrà poi.
E qualcosa è arrivato, la netta vittoria dei conservatori, che dopo 2 tentativi andati male ( anzi malissimo) premiano il galiziano Rajoy. 
Da ieri 20 Novembre ,trentaseiesimo anniversario della morte del Generalissimo Franco, alla Moncloa torna un galiziano, figlio di quel nord est della penisola iberica, appendice settentrionale del Portogallo dove, la lingua ufficiale è il gallego, molto più simile al lusitano che non al castigliano, terra che ha dato i natali a Francisco Franco e al suo erede politico Manuel Fraga Iribarne, méntore di Mariano Rajoy, il vincitore delle elezioni. Dopo un andaluso, Felipe Gonzalez e due castigliani, Josè Maria Aznar e Josè Luis Zapatero, divenuti premier poco più che quarantenni, la Spagna ha affidato i propri precari destini al cinquantaseienne ex notaio di Santiago di Compostela, luogo legato al tradizionalismo cattolico spagnolo di cui Rajoy è, al pari di Aznar, chiara espressione. (leggi tutto su VolendoPsi)

Zapatero rimarrà in carica per gestire gli affari correnti  ancora per quattro settimane, quindi Rajoy  neo salvatore della patria dovrebbe arrivare alla Moncloa pochi giorni prima di Natale, a 51 anni, quindi ZP si ritirerà dalla politica attiva, seguendo la strada del compagno portoghese José Socrates, l'ex-premier socialista sconfitto alle politiche anticipate di giugno. Zapatero conti alla mano è il quinto capo di governo di Piigs, a cadere dall'inizio del 2011. Prima di lui  l'irlandese Brian Cowen, in Portogallo Socrates, in Grecia George Papandreou e, ultimo, in Italia Silvio Berlusconi.


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