E' d'obbligo onorare la festa internazionale delle donne per come merita e augurare a tutte le donne un felice 8 Marzo. E' importante rinnovarne la memoria, riconoscere l’importanza democratica delle battaglie delle donne e delle conquise che ne sono derivate negli ultimi cento anni, conquiste di civiltà, non solo di diritti, conquiste che hanno cambiato il mondo e ne hanno fatto un posto migliore per tutti. Ma soprattutto, e soprattutto oggi, è essenziale avere il coraggio di rilanciare, in una prospettiva anche più ampia, le lotte di liberazione che furono il pilastro del movimento femminile. Perché non si riduca tutto alla mera commemorazione, perché le mimose non appassiscano domani insieme la memoria di quanto si è detto solo oggi. Ma soprattutto perché il modo migliore, e più onesto, di onorare la Storia di queste battaglie, e delle donne che ne furono protagoniste, è darle un senso nel presente e una prospettiva reale nel futuro. Non posso e non voglio nascondere la mia preoccupazione e quella di tante donne per la deriva antifemminile e antidemocratica che vive il nostro Paese, una deriva che si riverbera negativamente soprattutto sulla condizione femminile, sulla tutela dei diritti dei cittadini più deboli, soli, emarginati e su chi si ostina a pretendere libertà e dignità qualunque condizione viva. Il termometro della crisi, sociale, economica, ed oggi anche politica , è segnato emblematicamente dalle difficoltà che si sono nuovamente riversate sulle donne, dopo anni di battaglie e conquiste, come se quelle battaglie e quelle conquiste non ci fossero mai state. I nuovi attacchi alle libertà delle donne sono tanto più gravi quanto più vigliacchi perché spesso imposti, ingiustificati e ingiustificabili: le scelte sul nostro corpo, sul nostro destino, sulla maternità, sul lavoro che potremo fare, su quanto questo lavoro ci renderà realmente libere, dal bisogno e dalla possibilità di subire un destino deciso da altri, sono sempre più etero-limitate ed etero-condizionate, quando non autoritativamente imposte.
Insieme ai giovani, agli anziani, agli immigrati, alle persone omosessuali, alle minoranze religiose ed alle classi emarginate in genere, le donne sono le nuove, inaspettate vittime dell'esclusione dalla vita attiva, dal lavoro, dalla politica, di un egoismo e cecità sociale alimentati da una crisi culturale, prima che economica e sociale, quanto mai grave e impudente. Siamo state lentamente svuotate e trasformate: da cittadine con pari dignità sociale a fantasmi invisibili, a fastidiose rivendicatrici di diritti e soluzioni su problemi sociali “di secondo piano”, manichini "plasmabili" da relegare in ruoli mortificanti dei nostri talenti e della nostra dignità, quando non volutamente degradati e degradanti. Il messaggio è: non c’è posto. E per le meno fortunate continua:”a meno che…”. La maggior parte, checché se ne dica non cede, non rinuncia alla sua dignità. Fa un passo indietro, nell’ombra. Spesso nel silenzio. E, così, in questa partita truccata e senza regole perde tutta la società. E' una strategia di melliflua, silenziosa e spietata quella che “ispira” questo processo, un tentativo di "plastificazione" e umiliazione generalizzata dell'identità femminile, alimentata da gran parte dei media, e anche per questo terribilmente pervasiva, efficace e difficile da contrastare per una cultura, quella "autenticamente femminile", quasi del tutto esclusa dai circuiti mediatici. A poco valgono i nostri "no", la nostra determinazione nelle essere e nel dimostrare di essere, con le nostre vite e il nostro esempio ciò che realmente siamo: "altro", identità ben più ricche, "sostanziali" e libere da come arbitrariamente ci si rappresenta o qualcuno vorrebbe che fossimo o diventassimo.
E' così che in pochissimo tempo i nostri diritti, anche quelli conquistati e consolidati, sono diventati concessioni sporadiche ed eventuali, che spesso, noi per prime, per stanchezza e delusione, non rivendichiamo più. Il lavoro e le libertà in primis. Questa stanchezza, questa delusione, oggi, sono il nostro peggiore nemico. Bisogna "ritrovarsi" tutte, dentro e fuori di noi e oltre gli steccati, per darsi forza e "ritrovare" nuove energie e motivazioni. Il contesto è troppo degenerato, forse, per farcela da sole, i problemi troppo gravi, ma bisogna rendersi conto che questa sofferenza sociale non è solo nostra e non può, non deve, essere affrontato solo con le nostre forze. Credo sia arrivato il tempo di cambiare anche noi “strategia” perché la causa, oggi, è generale e ben più ampia che in passato: è in atto una crisi di democrazia senza precedenti nella Storia Repubblicana, una crisi che pretende di mettere in discussione il ruolo della dignità umana, delle persone come centro e fine di ogni ordinamento, della certezza del diritto e della preminenza dei diritti e delle libertà fondamentali sugli interessi economici e di potere, di pochi uomini e poche lobbies, una crisi che si fonda sulla prepotente imposizione della incultura della mediocrità, del relativismo delle leggi, del familismo e della prepotenza del più forte sui principi fondanti di uguaglianza, giustizia, libertà, meritocrazia e rispetto di tutti e di ogni individuo del nostro ordinamento. Facile dire - ma occorre ribadirlo - che un Paese che non "vede", non "ascolta", non permette la piena partecipazione delle donne e di tutti i suoi cittadini alla vita pubblica, culturale, economica e sociale NON E' UN PAESE DEMOCRATICO! Fine dell'ipocrisia.
Per questi motivi, per estrema protesta verso questa cecità, verso queste intollerabili ipocrisie rinuncio oggi a "festeggiare" per l'8 Marzo e richiamo tutte le donne a nuova stagione di lotta per i loro diritti e per i diritti di tutti i cittadini. Non mi basta più lottare solo per me e per le mie sorelle: voglio lottare per chiunque sia e si senta oppresso, calpestato, civilmente e politicamente "ucciso" da una società che non lo riconosce più come persona umana, men che meno si preoccupa di riconoscerne i diritti, come libertà viventi nella vita e non solo sulla carta. Chiedo che la battaglia di ognuno di loro sia e possa diventare la battaglia di tutti e tutte noi per la democrazia! In un momento così difficile nessun uomo e nessuna donna autenticamente democratico può ignorare la responsabilità di impegnarsi per la rinascita di questo Paese: vogliamo libertà autentica - dal bisogno, di scelta, di voto e di pensiero - tutela del lavoro e politiche di rilancio dell'occupazione, rispetto primario della dignità umana prima che degli interessi economici, giustizia sociale, solidarietà per i più deboli, pari opportunità e meritocrazia per tutte le donne e per tutti gli uomini. I doveri, noi, li abbiamo rispettati tutti.
Questi diritti sono i diritti per cui da sempre lottano le donne e tutti i soggetti "deboli", ma la loro conquista, uguale, per tutti, è un orizzonte comune, a cui tutte e tutti dobbiamo ambire e, forse, solo unendo le nostre forze, senza rinunciare alle nostre specificità, possiamo sperare di raggiungerli e concretizzarli da oggi, senza aspettare più domani.
Un abbraccio alle sorelle e ai fratelli socialisti e a tutti coloro che lottano per gli stessi ideali di giustizia, uguaglianza e libertà. Non smettete mai di lottare e non permettete mai a nessuno di poter sconfiggere la vostra fede laica nella concreta possibilità di concorrere insieme a costruire un mondo migliore.
Insieme ai giovani, agli anziani, agli immigrati, alle persone omosessuali, alle minoranze religiose ed alle classi emarginate in genere, le donne sono le nuove, inaspettate vittime dell'esclusione dalla vita attiva, dal lavoro, dalla politica, di un egoismo e cecità sociale alimentati da una crisi culturale, prima che economica e sociale, quanto mai grave e impudente. Siamo state lentamente svuotate e trasformate: da cittadine con pari dignità sociale a fantasmi invisibili, a fastidiose rivendicatrici di diritti e soluzioni su problemi sociali “di secondo piano”, manichini "plasmabili" da relegare in ruoli mortificanti dei nostri talenti e della nostra dignità, quando non volutamente degradati e degradanti. Il messaggio è: non c’è posto. E per le meno fortunate continua:”a meno che…”. La maggior parte, checché se ne dica non cede, non rinuncia alla sua dignità. Fa un passo indietro, nell’ombra. Spesso nel silenzio. E, così, in questa partita truccata e senza regole perde tutta la società. E' una strategia di melliflua, silenziosa e spietata quella che “ispira” questo processo, un tentativo di "plastificazione" e umiliazione generalizzata dell'identità femminile, alimentata da gran parte dei media, e anche per questo terribilmente pervasiva, efficace e difficile da contrastare per una cultura, quella "autenticamente femminile", quasi del tutto esclusa dai circuiti mediatici. A poco valgono i nostri "no", la nostra determinazione nelle essere e nel dimostrare di essere, con le nostre vite e il nostro esempio ciò che realmente siamo: "altro", identità ben più ricche, "sostanziali" e libere da come arbitrariamente ci si rappresenta o qualcuno vorrebbe che fossimo o diventassimo.
E' così che in pochissimo tempo i nostri diritti, anche quelli conquistati e consolidati, sono diventati concessioni sporadiche ed eventuali, che spesso, noi per prime, per stanchezza e delusione, non rivendichiamo più. Il lavoro e le libertà in primis. Questa stanchezza, questa delusione, oggi, sono il nostro peggiore nemico. Bisogna "ritrovarsi" tutte, dentro e fuori di noi e oltre gli steccati, per darsi forza e "ritrovare" nuove energie e motivazioni. Il contesto è troppo degenerato, forse, per farcela da sole, i problemi troppo gravi, ma bisogna rendersi conto che questa sofferenza sociale non è solo nostra e non può, non deve, essere affrontato solo con le nostre forze. Credo sia arrivato il tempo di cambiare anche noi “strategia” perché la causa, oggi, è generale e ben più ampia che in passato: è in atto una crisi di democrazia senza precedenti nella Storia Repubblicana, una crisi che pretende di mettere in discussione il ruolo della dignità umana, delle persone come centro e fine di ogni ordinamento, della certezza del diritto e della preminenza dei diritti e delle libertà fondamentali sugli interessi economici e di potere, di pochi uomini e poche lobbies, una crisi che si fonda sulla prepotente imposizione della incultura della mediocrità, del relativismo delle leggi, del familismo e della prepotenza del più forte sui principi fondanti di uguaglianza, giustizia, libertà, meritocrazia e rispetto di tutti e di ogni individuo del nostro ordinamento. Facile dire - ma occorre ribadirlo - che un Paese che non "vede", non "ascolta", non permette la piena partecipazione delle donne e di tutti i suoi cittadini alla vita pubblica, culturale, economica e sociale NON E' UN PAESE DEMOCRATICO! Fine dell'ipocrisia.
Per questi motivi, per estrema protesta verso questa cecità, verso queste intollerabili ipocrisie rinuncio oggi a "festeggiare" per l'8 Marzo e richiamo tutte le donne a nuova stagione di lotta per i loro diritti e per i diritti di tutti i cittadini. Non mi basta più lottare solo per me e per le mie sorelle: voglio lottare per chiunque sia e si senta oppresso, calpestato, civilmente e politicamente "ucciso" da una società che non lo riconosce più come persona umana, men che meno si preoccupa di riconoscerne i diritti, come libertà viventi nella vita e non solo sulla carta. Chiedo che la battaglia di ognuno di loro sia e possa diventare la battaglia di tutti e tutte noi per la democrazia! In un momento così difficile nessun uomo e nessuna donna autenticamente democratico può ignorare la responsabilità di impegnarsi per la rinascita di questo Paese: vogliamo libertà autentica - dal bisogno, di scelta, di voto e di pensiero - tutela del lavoro e politiche di rilancio dell'occupazione, rispetto primario della dignità umana prima che degli interessi economici, giustizia sociale, solidarietà per i più deboli, pari opportunità e meritocrazia per tutte le donne e per tutti gli uomini. I doveri, noi, li abbiamo rispettati tutti.
Questi diritti sono i diritti per cui da sempre lottano le donne e tutti i soggetti "deboli", ma la loro conquista, uguale, per tutti, è un orizzonte comune, a cui tutte e tutti dobbiamo ambire e, forse, solo unendo le nostre forze, senza rinunciare alle nostre specificità, possiamo sperare di raggiungerli e concretizzarli da oggi, senza aspettare più domani.
Un abbraccio alle sorelle e ai fratelli socialisti e a tutti coloro che lottano per gli stessi ideali di giustizia, uguaglianza e libertà. Non smettete mai di lottare e non permettete mai a nessuno di poter sconfiggere la vostra fede laica nella concreta possibilità di concorrere insieme a costruire un mondo migliore.
Anna Falcone
Responsabile Pari Opportunità PSI
Responsabile Pari Opportunità PSI
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