06 marzo 2013

Catalogna Spagna, nel PSOE torna la sfida di Carme Chacón


Il Partido Socialista Obrero Español sta vivendo la più grave divisione interna della sua storia, spaccato tra la parte orgogliosamente legata alla ‘E’ della sua sigla, e dall’altra il PSC, Partit dels Socialistes del Catalunya, l’orgoglioso Partito Socialista Catalano “fratello” del PSOE.
Una divisione accentuata dopo la rottura della disciplina di voto da parte dei deputati catalani lo scorso martedì nella seduta del Congresso, durante la votazione sul cosiddetto Diritto a Decidere. (“Dichiarazione di sovranità e diritto di decidere del popolo della Catalogna”, una dichiarazione politica sul diritto di autodeterminazione degli abitanti della regione autonoma spagnola. ndr)
Il tutto innescato non da tutti i 14 deputati di PSC, ma da 13 che hanno votato a favore della proposta della risoluzione sul Diritto a decidere per i cittadini catalani, mediante un referendum accordato con il governo nazionale. Conteggio aggiornato per l’iniziativa di rottura della ex-ministra oggi deputata del PSC Carme Chacón; una rottura doppia quella della Chacón che non ha votato né sì (come i suoi compagni del PSC) né no come il resto dei deputati socialisti, ma semplicemente non ha partecipato alla votazione della proposta della risoluzione di CiU sul referendum “indipendentista” in Catalogna, che è stato rifiutato dal PP, dal PSOE, UPyD e Foro. Con il risultato di 275 voti contro e 60 a favore.
Chacón, in qualsiasi caso, mantiene il proprio impegno nel Grupo Parlamentario Socialista, composto dai 13 deputati del PSC e dai parlamentari del PSOE. Nessuna novità sotto il cielo del socialismo catalano dato che la decisione della ex-ministra della difesa era stata comunicata al segretario del PSC Pere Navarro qualche ora prima del voto, quando la stessa Chacón aveva rimesso nelle mani di Navarro il proprio seggio, dato che i deputati del PSC (Carme Chacón è stata eletta nella circoscrizione di Barcellona) dovrebbero compiere quanto concordato dal PSC, non dal PSOE. “Non posso votare una proposta che porterebbe alla rottura tra la Catalogna e la Spagna, ha spiegato Carme Chacón, andando contro quanto mi ero impegnata a portare avanti nel mio programma elettorale nelle ultime elezioni, programma che mi ha portato in Parlamento. Votare significherebbe tradire quel programma e tutti gli elettori”
Inutile negare che la mossa di Carme Chacón ha riportato sulle prime pagine di tutti i quotidiani spagnoli la donna che solo tredici mesi fa aveva sfidato l’attuale segretario generale Alfredo Perez Rubalcaba alla guida del PSOE. Dal silenzio alle prime pagine, un caos mediatico dirompente, un chiaro e forte segnale all’attuale segreteria; Carme Chacón c’è e sa come muoversi abilmente, disponendosi tatticamente a cavallo tra il catalanismo federale non di rottura e l’unità della Spagna. Tutti i “chaconisti” assicurano che la mossa della Chacón è una questione legata alle proprie ferme convinzioni di unità tra la Catalogna e la Spagna, un sentire che è comune con la maggioranza dei militanti e votanti socialisti, e non una mossa in prospettiva di nuove aspirazioni personali alla candidatura socialista alla presidenza del Governo nel caso di primarie interne al PSOE.
Primarie promesse, ma mai confermate da Rubalcaba, che in molti nel partito credono non possano attendere l’annunciata scadenza del 2014.



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