Ce lo siamo detti in molti in questi giorni:“…negli altri Stati ci si brucia per molto meno”. E, invece, la “responsabilità di Stato”, richiamata anche dal Presidente Napolitano, invoca al silenzio.
La responsabilità. Dal latino, etimologicamente, per significare la “capacità di dare delle risposte”. Strana parola da invocare per coprire e giustificare la mancanza di alcuna risposta. Ho taciuto, finora, perché immaginavo ben più alte e autorevoli reazioni. Ma allo sfiorire della notizia, senza che nulla accada, senza che un solo fiato di indignazione si alzi dall’opinione pubblica se non qualche sporadico appello, senza che le donne non reagiscano, come solo loro sanno fare, con i fatti….no, a questa sottile violenza di massa contro la dignità delle donne, il loro valore, i loro diritti non posso soggiacere. E proprio perché sono donna, e responsabile, rilancio sull’unica incontrovertibile risposta a quanto accaduto: “il re è nudo…e anche senza più corona”.
I fatti li conosciamo tutti. La magistratura ne accerterà veridicità e rilevanza. Ma c’è un livello più alto che è stato investito e richiede attenzione e approfondimento, poiché non rientra nella competenza del potere giudiziario, bensì nella insindacabile sovranità e dignità di un popolo, libero di autodeterminarsi circa i suoi valori, la sua cultura civile e sociale e il diritto ad essere rappresentato da chi questi valori, questa cultura li incarna e li rispetta, nella sua privata come in quella pubblica, e con essi rispetta il ruolo e le istituzioni che rappresenta. Perché i comportamenti sono la misura della coerenza politica, la prima forma di comunicazione politica e, al di là dei proclami, certamente la più sincera, quella su cui si fonda la credibilità di ogni politico.
Senza cadere nel facile moralismo, che non ci appartiene, è evidente che i comportamenti del premier, e di tanti "nani e ballerine" di questa triste parabola di "fine repubblica", hanno alimentato una “incultura di genere” che ci colpisce tutte indistintamente. Non credo, e non ha mai creduto, che la privacy possa essere utilizzata come uno scudo da alzare a piacimento e dietro al quale nascondersi e nascondere i propri comportamenti sbandierati ai quattro venti fino a un momento prima. Chiunque rivesta un ruolo pubblico o abbia pubblica visibilità è, e sa di essere, parametro di riferimento e di emulazione per gli altri. Per questo non può abdicare al primario senso di responsabilità (questa si vera “responsabilità”) che dovrebbe ispirare ogni scelta relativa alle proprie azioni, pubbliche certamente, ma anche private. Ancor di più se, come nel caso del Premier, i comportamenti e le valutazioni maturate nella sfera privata finiscono per condizionare scelte pubbliche e ad personam, che influiscono sui nostri interessi di cittadini/e e condizionano il corretto svolgimento della vita pubblica. Non voglio fare di Berlusconi un capro espiatorio, ma è indiscutibile che i suoi comportamenti e il modo in cui, in diverse vicende e occasioni, ha trattato le donne hanno creato un precedente inconsciamente legittimante, inficiando gravemente il senso di dignità e il rispetto che prioritariamente, e a prescindere dai singoli casi, si deve a ogni donna.
E' un fatto che mi offende profondamente e al quale, con compostezza, ma con fermezza, dobbiamo reagire. Occorre una lezioni di stile, a tutti quegli uomini, che sentendosi legittimati da tale comportamento ammiccano indiscriminatamente a qualsiasi donna, immaginando che anche sotto un tailleur professionale o una vita basata su valori completamente diversi si nasconda sotto sotto una vocazione da escort. E' solo questione di tempo o di prezzo.
Alle donne, rebus sic stanti bus, solo la possibilità di ritirarsi, di “tacere”, pietrificate, dietro alla mortificazione, all’incredulità, al senso di impotenza. Pensavamo di aver superato questa fase da tanto tempo e definitivamente.
Non voglio giudicare le donne e i comportamenti specifici, cadrei nella trappola del più bieco maschilismo se lo facessi. So che per alcune è una libera scelta, per molte altre non lo è. Sia che si tratti di comportamenti traviati da una incultura di massa, che restringe con gli orizzonti di chi ne è vittima anche il loro senso di dignità, sia che si tratti di scelte consapevoli, il problema non sono le donne, bensì coloro che approfittano di tale situazione, magari da una posizione “dominante”, per svilire, con l'abuso privato o pubblico di tante vite, il valore e la dignità del genere femminile e dell'apporto delle donne nella società.
Mi son chiesta e vi chiedo: cosa sarebbe successo se il premier fosse stato una donna, si “una donna”, che nel suo ruolo, alla sua età, avesse mantenutola sua stessa condotta, le sue frequentazioni, le sue “libertà” sul modo di relazionarsi con i giovani dell’altro sesso e sul modo di distribuire incarichi e prebende? E se avesse fatto, come Caligola, di un cavallo un senatore?
Non andrò oltre, perché solo il paragone mi offende e rischia di offendere anche i giovani italiani di bell’aspetto e belle speranze. E non è assolutamente mia intenzione. Una donna, probabilmente, non lo farebbe mai. Sa fin troppo bene quanto pesano i “pregiudizi” e le umiliazioni di chi ti pesa con lo sguardo senza accorgersi che ciò che vede è solo nel suo sguardo.
Mi sono sentita male molte volte, in questi giorni, a dovermi accorgere, di nuovo, di quegli sguardi, di quelle battute senza vergogna e senza rispetto, rivolte per strada, nei locali pubblici a tante donne, a tante ragazze: volgarità, pregiudizi, aggressioni verbali gettate addosso a tante vite di cui non si sa nulla, ma che impunemente si pensa di poter ridurre a meri oggetti. Non voglio che accada più. Non possiamo tornare indietro. Non dobbiamo permetterlo.
E' arrivato il momento, credo, di risollevarci per riprenderci quanto subdolamente in termini di rispetto e libertà ci è stato tolto in questi anni di machismo sottile e crudele svilimento dell’anima e del corpo delle donne. E’ arrivato il momento di promuovere una nuova stagione di rivendicazioni. La libertà è il prodotto di tante opportunità liberamente fruibili, di tanti diritti e della possibilità di immaginare se stesse nel futuro che davvero si desidera senza condizionamenti nascenti da falsi miti, da costrizioni, o da pregiudizi.
Occorre tornare a seminare nuove idee di donne e per le donne, su cui fondare un nuovo "rinascimento al femminile". Penso a un nuovo modello sociale, inclusivo e rispettoso della libertà di entrambi i generi. Penso ad una riforma del lavoro che valorizzi le donne e aiuti chi valorizza le donne, che non le costringa a scegliere lavori di basso profilo o part-time, solo perché le “scelte tragiche” sul dilemma lavoro/famiglia gravano sempre e solo sulle loro spalle. Penso al rilancio dello stato sociale “reale” che sollevi le donne dalla “punizione” ineluttabile della maternità, dell’assistenza ad anziani e malati e da tutto il lavoro invisibile che ogni società civile dovrebbe egualmente distribuire su tutti, come accade nelle democrazie del nord Europa. E’ la precondizione per liberare le donne da mille catene invisibili e restituire loro la più preziosa delle risorse: "il tempo" e con esso la possibilità di “crescere”, di “lavorare”, di “emanciparsi” davvero. Penso anche al riconoscimento del diritto di poter trasmettere il cognome ai propri figli e figlie, in modo da eradicare fin dall’origine la prima delle discriminazioni che ancora, nella nostra cultura, fa prediligere ad alcuni i figli maschi alle figlie femmine.
E’ tempo di realizzare la società che vogliamo, di chiedere e ottenere il rispetto e i diritti che meritiamo, in quanto donne, persone, esseri umani di serie A. Credo che la nostra generazione abbia davanti a se questa come prioritaria responsabilità delle giovani donne e dei giovani uomini, una sfida importante ed entusiasmante, una conquista di civiltà, un grande passo in avanti per noi e per le generazioni che verranno. Non caso la grande Rita Levi Montalcini dice, nel suo ultimo libro "le donne costruiranno la società il futuro". Mi permetto di aggiungere, come faccio sempre, insieme agli uomini che le amano davvero. Ci sono e li vogliamo accanto a noi e contro chi pensa di poterci disprezzare impunemente, coperto da una inaccettabile congiura del silenzio.
Anna Falcone
Responsabile Pari Opportunità Partito Socialista
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