24 maggio 2011

Más presidentas, más alcaldesas



Più donne con el “bastón de mando”. Il trionfo schiacciante del Partito Popolare alle elezioni comunali e regionali di ieri (e 13 comunità autonome di Ceuta e Melilla) fa lievitare il numero di donne alla guida dei governi municipali e regionali.
Il PP , che sottrae più di due milioni di voti al PSOE, era quello che (a sorpresa) presentava più candidate donne nelle liste elettorali.
Il titolo è chiaro,aggiungerei, anche a maggioranza assoluta, come il risultato di Maria Dolores de Cospedal (segretaria del PP) che governarà la Castilla-La Mancha o quello consecutivo di Esperanza Aguirre per la regione di Madrid, mentre al ballottaggio c’è l’ Aragona, dove anche qui se la giocano due donne, l’uscente Eva Almunia socialista e la popolare Luisa Fernanda Rudi. In Navarra, anche senza la maggioranza assoluta, l’UPN guidato da Yolanda Barcina è stato il primo partito.
Nonostante sia sempre stato fortemente contrario (tanto da presentare ricorsi d’incostituzionalità) alla parità elettorale stabilita per legge , il PP ha giocato con prepotenza la carta femminile.
Tanto che la metà dei candidati alla carica di sindaco erano donne del PP.  Il PSOE si è limitato invece a schierarne una su quattro mentre IU si attesta a un 30,3% di  capo liste donne.
Colori politici a parte,  nei comuni, in assenza di una dettagliata analisi sula spartizione tra PSOE e PP, risulta che la presenza di Alcaldesas è il più alto della storia democratica di Spagna.
Nel 2007 la percentuale di donne con incarichi amministrativi era del 14.6%, quasi due punti in più (12,5%) delle elezioni del 2003, secondo i dati forniti dal sito web del Ministero della Salute, delle Politiche Sociali e Uguaglianza.
Queste rimarrano  le elezioni che han visto l’entrata in vigore della parità elettorale (ningún sexo menos del 40% ni más del 60% en cada tramo de cinco candidaturas y en el conjunto de la lista),cosi che la percentuale di donne è aumentata dal 25% al ​​31% per i consigli regionali, e la percentuale delle “sindache” è addirittura ben al di sopra del 35%.

da rotta a sud ovest

4 donne guidano le Comunidades Autónomas spagnole: nessuna è socialista

In questi giorni si stanno insediando i Presidenti delle Comunidades Autónomas, che hanno vinto le elezioni del 22 maggio o che sono risultati indicati dagli accordi post-elettorali. Ieri c'è stato uno degli insediamenti più mediatici, quello di Maria Dolores de Cospedal, neo presidente della Castilla-La Mancha e numero 2 del Partido Popular, incarico quest'ultimo, che non ha ancora chiarito se lascerà, come esige l'opposizione castigliana, o conserverà, come pare intuire dalle sue prime parole. E' la prima presidente per la Castilla-La Mancha, fino alla scorsa legislatura roccaforte dei socialisti e degli uomini. Ma non è l'unica donna presidente di Comunidades Autónomas, in questa nuova stagione del potere locale aperta dallo tsunami del 22 maggio. Con lei ci sono la veterana Esperanza Aguirre, per la terza volta presidente della Comunidad de Madrid, Yolanda Barcina, presidente della Navarra e Luisa Fernanda Rudí, presidente dell'Aragona (Aguirre si è già insediata, Barcina lo farà in questi giorni, Rudí il 13 luglio). Sono 4 presidenti su 17 Comunidades Autónomas, il 23,52% del potere regionale totale. E' la prima volta che la Spagna conta su 4 presidenti donne nelle sue regioni. E la cosa curiosa è che nessuna di loro è del PSOE. Barcina è della Unión del Pueblo Navarro; Cospedal, Aguirre e Rudí sono del PP, le prime due hanno ottenuto la presidenza grazie alla maggioranza assoluta conquistata il 22 maggio, l'ultima è presidente grazie ai negoziati seguenti alle elezioni.
La presenza di 4 donne alla guida di quattro regioni spagnole è cosa che attira l'attenzione, inevitabilmente. Ma la attira, soprattutto, il fatto che nessuna di loro è socialista. Cosa è stato delle politiche d'uguaglianza di José Luis Rodriguez Zapatero? Perché, è vero, il PSOE non è riuscito a insediare nessuno dei propri candidati alla guida delle regioni, a causa del disastroso risultato elettorale, ma è anche vero che il partito ha presentato meno candidate del PP: tre sole socialiste, in Cantabria, Aragona e Murcia, hanno lottato per la presidenza delle Comunidades, contro 4 del PP, in Regioni molto più strategiche come Madrid, Castilla-La Mancha, Asturie e Aragona. Zapatero si dichiara femminista, a lui le donne devono varie leggi per l'uguaglianza di genere, per la conciliazione della vita familiare, contro la violenza domestica.

Ma per la presenza delle donne in politica il PSOE è risultato deludente (il PSOE rifiuta questa immagine e fa sapere che dei 21.767 consiglieri e sindaci ottenuti il 45% è donna e che nelle città superiori ai 200mila abitanti rimaste nelle sue mani, una ventina saranno governate da donne).
Nella prima legislatura, quella che gli permetterà di lasciare una traccia positiva nella storia di Spagna, Zapatero ha formato un governo paritario, il primo con lo stesso numero di donne e uomini ai Ministeri; il simbolo di quella stagione è stata Maria Teresa Fernandez de la Vega, la volitiva vicepresidente, la prima vicepresidente del Governo spagnolo, che guidava con pugno di ferro la presenza dell'Esecutivo alle sessioni di question time e le conferenze stampa. Ma quando è scoppiata la crisi, che ha costretto a rivedere i progetti socialisti di Zapatero, tutte le promesse di uguaglianza sono state ridotte: Fernandez de la Vega ha ceduto il posto ad Alfredo Pérez Rubalcaba, le Ministre, fiore all'occhiello del PSOE, sono state sacrificate ai colleghi maschi e sono rimaste, in Ministeri strategici, questo è vero, Elena Salgado all'Economia, Carme Chacón alla Difesa, Trinidad Jiménez agli Esteri, Leire Pajin alla Sanità, Rosa Aguilar all'Ambiente, Cristina Garmendia alla Ricerca e Sviluppo. La sensazione lasciata agli spagnoli è che la parità di genere sia un "lusso" che ci si può concedere in tempi di vacche grasse, ma quando è ora di giocare duro, contro la più severa crisi economia apparsa in Spagna in democrazia, allora scendono in campo gli uomini.
Non dà la stessa sensazione il PP. Mariano Rajoy è il leader riconosciuto di un partito in cui le donne hanno sempre avuto un ruolo di primo piano. Accanto a sé ha voluto Maria Dolores de Cospedal e Ana Mato, la prima segretario generale del PP, la seconda responsabile dell'organizzazione. Come dire, le leve del potere del PP sono in mani femminili. Questo senza contare che il più carismatico oppositore interno di Rajoy è Esperanza Aguirre, presidente della Comunidad de Madrid.
Le donne del PP detestano parlare di quote e sono feroci avversarie delle politiche di genere del PSOE. Aguirre, Cospedal, non ce n'è una che non dica che le donne non sono panda e che sanno conquistarsi da sole il posto che meritano. E su questo, per quanto rispettabile sia la posizione, si può non essere d'accordo. Se la selezione delle donne spetta agli uomini, non ci si deve sorprendere se, capitati in mani mediocri, ci si sente dire che "io le chiamerei pure le donne, ma trovarne di competenti" (Silvio Berlusconi dixit, uno la cui competenza è sotto gli occhi di tutti). Posizioni come quelle delle leaders popolari permettono sempre di dire che "la selezione deve avvenire in base al talento, non al genere". Che è posizione rispettabilissima e condivisibilissima, se fosse vera per tutti i generi in questione e non fosse applicata solo alle donne aspiranti al potere: saremmo in queste condizioni se fossimo stati governati da uomini competenti? Sarebbe scoppiata una crisi economica così violenta e crudele, se gli uomini al governo fossero stati meritevoli del potere?
Dunque, la posizione delle signore del PP è rispettabile, ma deve contare su una iniziale condiscendenza maschile, come dimostra la nuova stagione inaugurata dalla sinistra italiana, in cui neosindaci come Giuliano Pisapia o Piero Fassino hanno preteso per le loro Giunte un numero paritario di uomini e donne, e sottolineando (lo faremo mai abbastanza?) che il neosindaco di Cagliari Massimo Zedda ha formato una giunta con un maggior numero di donne che di uomini (dunque, se si cercano le competenze, senza farsi frenare dai pregiudizi di genere, il talento si trova). E non sempre si può contare su questa apertura mentale maschile.
Cospedal, Aguirre, Barcina e Rudi aprono una nuova stagione della presenza femminile nel potere regionale. Lo fanno tutte con una lunga esperienza nella gestione della cosa pubblica, iniziata quasi sempre nel potere locale (fa eccezione Cospedal, entrata in politica come consulente del Ministero del Lavoro e quindi come Sottosegretario del Ministero dell'Amministrazione Pubblica, sotto i governi di José Maria Aznar). Aguirre e Rudi sono state inoltre le prime donne ad aver presieduto il Senato e la Camera dei Deputati in democrazia. La cosa curiosa è che il litigio tra due veterani del PP, il presidente Mariano Rajoy e Francisco Álvarez Cascos, entrambi Ministri di Aznar, ha impedito al PP di conquistare la quinta presidenza femminile, in una delle roccaforti del PSOE, le Asturie: Cascos aspirava alla candidatura, Rajoy gliel'ha negata in favore di  Isabel Pérez Espinosa e Cascos si è creato un partito, il Forum de Asturias; Cascos ha vinto le elezioni, il PP si è piazzato alle spalle del PSOE, ma la somma dei voti di FdA e PP avrebbe garantito alla destra una comoda maggioranza di governo e a Isabel Pérez la presidenza. Cose di ego e rivalità maschili.

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